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Le minacce interne (insider threat) sono uno dei rischi più subdoli per la sicurezza fisica aziendale. A differenza degli attacchi esterni, arrivano da chi ha già accesso legittimo ad aree, informazioni o sistemi.

Possono derivare da comportamenti malevoli, negligenti o da persone compromesse da terzi.

In questo articolo approfondiamo cos’è l’insider threat, come si manifesta, quali segnali bisogna riconoscere e come costruire un piano integrato di prevenzione, rilevazione e risposta.

 

Che cos’è l’Insider Threat (e perché è diverso)

Un insider threat si verifica quando una persona autorizzata ad accedere a spazi o informazioni aziendali ne abusa, volontariamente o involontariamente, causando danni economici, operativi o reputazionali.

    • Malicious insider (minaccia malevola): dipendente o collaboratore che, per motivi personali o economici, decide di rubare beni, facilitare intrusioni, passare informazioni riservate o sabotare impianti.
    • Negligent insider (minaccia per negligenza): chi, pur senza malafede, non rispetta le regole (es. lascia porte aperte, presta il badge, ignora le procedure di emergenza). Anche un piccolo errore può aprire una falla importante.
    • Compromised insider (minaccia compromessa): quando una persona autorizzata viene manipolata o sfruttata (ad esempio tramite social engineering o coercizione), oppure le sue credenziali vengono rubate da un criminale esterno.

La differenza rispetto a una minaccia esterna?
L’insider parte con un vantaggio enorme: conosce gli spazi, i processi, le procedure e spesso gode della fiducia dei colleghi.

 

Dove si manifesta la minaccia interna

Le aree a rischio non sono tutte uguali. Alcuni punti sono particolarmente sensibili:

    • Accessi e varchi: l’insider può entrare in aree riservate fuori orario, prestare il badge a terzi o agevolare l’ingresso a persone non autorizzate.
    • Videosorveglianza e allarmi: un addetto può oscurare una telecamera, disattivare un sensore o segnalare falsi allarmi per coprire movimenti sospetti.
    • Magazzini e aree ad alto valore: dove si trovano prodotti, prototipi o materiali preziosi, i furti “a goccia” sono difficili da notare ma nel tempo causano perdite ingenti.
    • Fornitori e terze parti: personale esterno (pulizie, manutenzione, logistica) ha spesso accessi temporanei poco controllati. Se non monitorati, diventano un punto debole.
    • Zone IT e OT (tecnologia e produzione): l’insider può accedere a server, sale controllo o macchinari industriali, creando danni sia fisici che informatici.

 

Profili e motivazioni più comuni

Per capire e prevenire, bisogna sapere chi può diventare un insider:

    • Dipendenti insoddisfatti: chi ha problemi economici, disciplinari o conflitti con l’azienda può trasformare il risentimento in un atto malevolo.
    • Personale con privilegi elevati: manutentori, tecnici o operatori di sicurezza che hanno accesso a molte aree possono abusare di tali permessi.
    • Appaltatori o collaboratori temporanei: spesso sottoposti a controlli meno rigidi, cambiano frequentemente e conoscono comunque spazi e procedure.
    • Motivazioni tipiche: guadagno economico, ritorsione, ideologia o semplice convinzione che “non succeda nulla” se si aggirano le regole.

 

Segnali e indicatori precoci

Riconoscere i segnali è fondamentale per agire in tempo.

    • Comportamentali: presenze inspiegabili fuori orario, interesse immotivato per aree non pertinenti, violazioni ripetute di piccole regole (porte lasciate aperte, badge ceduto). Cambiamenti improvvisi nell’atteggiamento verso colleghi o azienda.
    • Operativi: badge usato in zone non autorizzate, accessi rifiutati più volte, telecamere spostate o spente in momenti critici.
    • Dati e log: incongruenze tra turni e accessi registrati, utilizzo di badge mentre la persona ufficialmente non è in servizio, attività sospette collegate a momenti di assenza del controllo diretto.

 

Prevenzione: come ridurre il rischio dall’interno

Per ridurre la probabilità di un insider threat servono misure organizzative e tecniche integrate.

    • Controlli sugli accessi: badge nominativi non trasferibili, scadenze automatiche, monitoraggio dei visitatori accompagnati da personale interno.
    • Principio del minimo privilegio: ciascuno deve accedere solo alle aree necessarie al proprio ruolo, evitando “permessi universali”.
    • Controllo fisico dei varchi: tornelli a singolo passaggio, sensori per rilevare tailgating (quando due persone passano con un solo badge).
    • Monitoraggio delle telecamere: verifiche regolari sugli angoli ciechi e sull’integrità delle registrazioni.
    • Formazione: far comprendere ai dipendenti l’importanza della sicurezza e i rischi derivanti anche da piccoli errori.
    • Contratti chiari con i fornitori: clausole che obbligano a screening del personale e a rispettare le stesse regole di sicurezza interne.

 

Come rilevare un insider threat

Oltre a prevenire, è cruciale saper individuare tempestivamente attività sospette.

    • Correlazione dati: incrociare accessi fisici, log digitali e turni di lavoro per scoprire anomalie.
    • Allarmi comportamentali: accessi fuori dal normale orario, tentativi ripetuti di entrare in zone riservate, badge usati in modo anomalo.
    • Video analytics: rilevamento di comportamenti sospetti (camere coperte, soste prolungate in zone non usuali).
    • Use case tipici: un badge usato ripetutamente su varchi non autorizzati in poche ore, telecamere oscurate poco prima di un furto, allarmi tacitati in coincidenza con prelievi di materiali.

 

Governance legale e HR

La gestione di un insider threat non può prescindere dal rispetto delle leggi e delle regole interne.

    • Privacy e proporzionalità: i controlli devono essere adeguati e dichiarati nelle policy aziendali.
    • Catena di custodia delle prove: ogni evidenza (video, badge, oggetti) va conservata in modo tracciabile e utilizzabile in sede legale.
    • Coinvolgimento HR e Legal: indispensabili per garantire correttezza, evitare discriminazioni e gestire i procedimenti disciplinari.

 

Risposta e indagine

Quando si sospetta un insider threat, bisogna agire rapidamente e in modo strutturato.

  1. Bloccare i rischi immediati: disabilitare badge e accessi sospetti.
  2. Preservare le prove: copiare log, salvare registrazioni video, raccogliere testimonianze.
  3. Indagine discreta: condotta da un team ristretto con supporto legale, per verificare i fatti senza generare panico interno.
  4. Azioni disciplinari: graduate in base alla gravità, sempre proporzionate e documentate.
  5. Remediation: chiudere la falla che ha permesso l’evento, aggiornando procedure e sistemi.

 

Errori da evitare

    • Pensare che l’insider threat sia solo un tema informatico: riguarda anche accessi fisici, procedure e cultura interna.
    • Consentire badge “collettivi” o accessi non monitorati per comodità.
    • Ignorare segnali deboli come tentativi di accesso falliti o presenze anomale fuori orario.
    • Non avere un protocollo di risposta: improvvisare significa perdere tempo e prove preziose.

 

Conclusione

L’insider threat non si elimina del tutto, ma si può gestire con un approccio proattivo. La combinazione di controlli fisici robusti, formazione continua, analisi dei dati e governance HR/legale permette di ridurre drasticamente i rischi. In un mondo dove i perimetri aziendali non sono più solo mura e cancelli, la vera difesa è un sistema integrato che protegge l’azienda dall’interno.

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